giovedì 30 dicembre 2010

un regalo per il nuovo anno (ma valido sempre)

Il regalo è un esercizio, molto semplice. Completa le seguenti affermazioni.


Day 22
Per il prossimo anno

voglio avere più.............................., e avere meno.................................
voglio essere più.............................., ed essere meno..............................


è tradizione quanto il panettone e le bollicine, fare buoni propositi per l'anno venturo. l'invito che ti faccio quest'anno è di provare a scriverli. Infatti, finché restano nella nostra testa, i nostri desideri sono solo idee, quando decidiamo di scriverli o verbalizzarli (magari con il nostro coach) diamo forma a ciò che desideriamo e, rendendolo più concreto, lo rendiamo già un po' più realizzabile.




photo © 2009 Alan Carr | more info  (via: Wylio)

A.A.A. cercasi coach

Ciao Coach,

con l'inizio dell'anno nuovo ho finimalmente di mettere in piedi un progetto che mi ronza nella testa da un po' di tempo: un censimento di tutti i coach operativi in italia (o anche di coach italiani operativi all'estero).

Come ben sai, per esercitare la professione, non occorrono iscrizioni ad un albo o esami particolari: ogni coach sceglie come formarsi, come proporsi sul mercato, se e come associarsi. Altrettanto sai (e so) che ogni coach opera diversamente dagli altri: per modalità d'intervento, per quantità di tempo dedicato al coaching. So che molti di noi non fanno solo questo e affiancano il coaching ad altre professioni. Altri ancora hanno integrato il coaching nella loro professione.

In ogni caso, questo censimento vuole servire proprio a questo: fotografare la situazione del coaching in Italia, cercando di cogliere il massimo numero di sfumature.
Kevin Roberts shows off SQL Manager for MySQLphoto © 2007 Mike Schinkel | more info (via: Wylio)

Pertanto, se vuoi aiutarmi in questo progetto, se sei un coach (e non ti ho ancora contattato), se conosci dei coach o dei professionisti che operano anche in quest'ambito o se vuoi semplicemente rimanere informato sui risultati di questa (lunga e impegnativa) ricerca, mandami una mail all'indirizzo: alberto@coachit.it

martedì 28 dicembre 2010

italian coaching group - su linkedin

Su linkedin ho fondato (parecchio tempo prima di questo blog) un gruppo dedicato al coaching. si chiama italian coaching group e per accedervi è necessario disporre di un account di linkedin (gratis) e di fare richiesta (altrettanto gratuitamente, ovviamente).
il gruppo è aperto a tutti, non occorre essere membri di nessuna associazione e, a onor del vero, non occorre nemmeno essere coach. Gli unici requisiti necessari sono avere una qualsiasi volontà di documentarsi e/o di scambiare informazioni e/o di partecipare alle discussioni.

Ci sono poi delle regole di convivenza che altro non sono che le normali regole di netiquette (ma si usa ancora questo termine?) che regolano, o dovrebbero, ogni discussione online.


A oggi, dopo circa 2 anni e mezzo di vita (mica pochi!) si sono iscritte 805 persone: alcune più attive nelle discussioni, altri semplici spettatori (altri forse si son solo iscritti). E tu, sei già iscritto? cosa aspetti? il fatto di essere capitato su questo blog significa che disponi del requisito minimo necessario per entrare a far parte del nostro gruppo: ti aspetto!


Group Discussionphoto © 2006 Ed Schipul | more info (via: Wylio)


perchè bisogna darsi un obiettivo?

La tua vita è come una pianta in un vaso.

Se l'anneffeierai troppo o troppo poco, se non le dai aria, se non la fertilizzi, se lasci che i rami secchino, la pianta morirà. Se, al contrario, le darai tutte le attenzioni di cui ha bisogno, la bagnerai quanto occorre, la pianta crescerà, verde forte, rigogliosa. Potrà essere una pianta ornamentale, con dei bei fiori, o un albero che da i suoi frutti (ognuno ha il proprio senso nella sua vita) ma è certo che se la accudirai, la pianta della tua vita saprà ricambiare tutte le fatiche che hai dovuto affrontare per farla crescere.
Rootsphoto © 2055 Steve Garry | more info (via: Wylio)

A un certo punto però, ti accorgerai che la tua pianta non cresce più, e, nonostante i tuoi sforzi,la tua adorata pianta sembra spegnersi, le foglie perdono colore, i frutti sono sempre meno, e hanno meno sapore.


La pianta della tua vita fatica ad esprimersi. e sai perchè avviene questo?

Perchè il vaso che la contiene non ha più spazio per accogliere le sue radici.


Allora potrai scegliere di lasciarla in quel vaso, con le radici costrette, impedendo che cresca ancora e costringendola ad un futuro in declino, oppure decidere di comprare un vaso più grande.

L'operazione non sarà facile: forse dovrai rompere il vaso in cui è ora, ravvivare le radici (col costo forse di perderne una parte), trovare la terra giusta per riempire il nuovo vaso più grande. La tua pianta potrà patire questo cambiamento, soffrirne, potrà addirittura sembrarti più deperita di quanto non lo fosse quando stava con le sue radici, strette nel vaso troppo piccolo. Ma quando quella pianta riprenderà il suo nuovo ciclo, la sua nuova vita sarà una pianta più forte, in grado di resistere ad avversità più aspre, capace di portare frutti o fiori più belli e in maggior numero.

Quella pianta è la tua vita, e i tuoi obiettivi sono il vaso. e questo è il motivo per cui vale la pena darsi degli obiettivi.

sabato 30 ottobre 2010

così parlò... italo calvino

"La vita di una persona consiste in un insieme di avvenimenti di cui l'ultimo potrebbe anche cambiare il senso di tutto l'insieme."

domenica 10 ottobre 2010

essere stressati è una scelta

Il titolo di questo post è un po' forte, me ne rendo conto e so già che molti dissentiranno. L'obiezione che sento (immagino di sentire) salire più forte è: quando lo stress è causato da fattori esterni come possiamo dire che si tratti di una scelta?

La "scelta" sta nel modo in cui diamo significato a quei fattori esterni; nel modo in cui lasciamo che quei fattori esterni siano influenti (o non lo siano) sul nostro livello di stress.

Ogni azione che facciamo nella nostra vita è una scelta; compreso dunque l'essere stressati.

Forse può trattarsi di una scelta tra poche alternative, anche se in realtà, quelle alternative potrebbero solo sembrarci poche (dal nostro punto di vista) ma essere in realtà molte di più. Magari potremmo essere convinti che ci mancano delle risorse o potremmo essere in un periodo in cui non riusciamo a capire quali sono i nostri veri punti di forza, quali le aree in cui poter crescere. (in tutti questi casi, il supporto di un coach potrebbe essere molto efficace).

Ma qual è il vantaggio di pensare in questo modo? Il vantaggio sta nel riportare su di noi il potere di cambiare le cose, anche quando "siamo stressati", anche quando pare che siano elementi "altri", a toglierci energie, causarci stress, abbassare le nostre risorse.

Faccio un esempio pratico... che, al solito, rende meglio l'idea. Pensa alla tua maggiore causa di stress in questo momento della tua vita, o la cosa che ti leva più energia (contro la tua volontà). Cosa potresti fare tu, per contrastare questa cosa? Di cosa avresti veramente bisogno per poterlo fare?





qualunque sia la tua situazione, puoi sempre fare qualcosa per renderla migliore.



venerdì 8 ottobre 2010

quando serve l'executive coaching (appunti dalla mia moleskine)

Oggi ho deciso di fare un post più “istituzionale”.

Ieri, in viaggio verso un cliente (potenziale), ho usato il mio tempo per fare una lista mentale delle occasioni in cui un coach può essere un valido supporto per i manager e gli executive dell’azienda. L’ho appuntata sulla mia moleskine: la rivedo e la condivido. Vi vengono in mente altre situazioni?


Accompagnare i manager in momenti di transizione: promozione, ristrutturazioni aziendali, fusioni.
                Un esempio concreto. Un ottimo venditore viene promosso a direttore vendite: conosce molto bene i clienti, i prodotti e servizi, le leve commerciali che vanno mosse per promuoverli. Peccato che non sappia assolutamente gestire i rapporti con la squadra di commerciali che deve seguire. Lasciato allo sbando c’è il rischio che si trasformi da “il migliore dei venditore” a “il peggiore dei direttori vendite”.

Accelerare l’inserimento e rendere produttivo in tempi minori un manager neo-assunto.
                Normalmente ci vogliono 6 mesi perchè un neodirettore diventi produttivo al 100% (e a volte c’è il rischio che non lo diventi mai!). Con il coaching (e con un coach efficace) si può accelerare questo processo, rendendo il manager performante al 100% nella metà del tempo, con un evidente guadagno.

Aiutarli a superare periodi di stress dovuti a carico di lavoro o ragioni personali.
                A volte è l’azienda a caricare di lavoro il manager. A volte l’azienda neanche immagina che il manager è sottoposto a stress su altri fronti (famiglia, figli, amanti). In entrambi i casi, offrire alla persona uno strumento per gestire queste difficoltà e superarle sarà senza dubbio un grande beneficio per lui e, di conseguenza, per le sue performance e per l’azienda.

Far crescere leader all’interno dell’azienda (evitando così spese per la ricerca)
                Anche se non sono un amante del gioco del calcio, qui, il riferimento alle società calcistiche alle politiche di acquisti e alle politiche invece dei cosidetti “vivai” calza perfettamente. Forse una società può anche permettersi di comprare un Ibraimovich, un Totti o un Cassano (perdonatemi, non vorrei far torti a nessun tifoso, ma davvero le mie nozioni di calciatori si fermano qui) ma, sapendo di poterseli allevare in casa (con un costo decisamente più basso) non varrebbe la pena di investire quei soldi diversamente?

Trattenere le tue migliori risorse.
                Soprattutto in un momento di crisi, i cavalli da battaglia sono molto utili all’azienda, ma fanno molta gola anche alla concorrenza. Per questo è importante trovare soluzioni efficaci per trattenerli in azienda: premi e benefit sono senza dubbio un incentivo importante ma sono un incentivo che può benissimo essere rilanciato dai concorrenti. Dare al tuo manager la sensazione (fondata su fatti concreti) che si investe sulla sua crescita, sul suo benessere e che gli si offrono tutti gli strumenti perchè possa esprimere al massimo il suo potenziale (ed essere i primi a farlo) sottrae alla concorrenza la possibilità di farlo e garantisce alla risorsa di poter trovare il proprio futuro e la propria strada nell’azienda attuale

Allineare obiettivi dei singoli agli obiettivi corporate.
                Ma se poi si scopre che non ci sono obiettivi convergenti tra il manager e l’azienda. Be' voi terreste nella vostra azienda una persona che guarda (e cammina) verso una direzione diversa dalla vostra?




 p.s. se volete farvi in casa un hdmoleskine (come nella foto) trovate le istruzioni su questo blog

venerdì 17 settembre 2010

attenzione alle parole

Quando mi sono avvicinato al coaching per la prima volta, nel 2007, da completo profano quale ero, la prima cosa che ho fatto è stata digitare la parola coaching su google; da allora sono cambiate un po’ di cose (un mercato così giovane evolve molto in due o tre anni) ma continuo periodicamente a monitare il web per capire “che aria tira”.
Questa mattina, in uno dei miei pellegrinaggi nella rete (gli dedico una mezz’oretta sul presto, con una tazza di caffè) mi è saltata all’occhio un concetto sul quale vorrei sviluppare la mia riflessione odierna: l’idea di Coach Certificato.
CERTIFICATO. Ogni sito che parla di coaching (che sia il sito di una scuola, di un privato o di una società) fa bella mostra di questa parola. “...formiamo coach certificati”, “... i nostri coach sono tutti certificati...” “...sono un coach certificato”
A volte si tratta di attestati di associazioni (internazionali o nazionali) che certificano la qualità dei coach e delle società che ne fanno parte, altre volte si tratta di certificazioni direttamente rilasciate dalla scuola che vi offre il corso. In altri casi (attenzione, sono parecchi!) invece si tratta soltanto di una parola usata per rendere più invitante un’offerta ma, nella realtà vuota di significato.
Forse, dunque, vale la pena di farsi qualche domanda (se vuoi fare il coach, dovrai imparare a fare le giuste domande). Certificato da chi? Chi riconosce questo certificato? Chi lo conosce? E in che termini lo riconosce? Avere la tal certificazione che reali benefici mi porta?
Sono tutte domande alle quali sarebbe opportuno che il “certificatore” vi rispondesse e con le quali potrà realmente dimostrarvi l’utilità, la garanzia e l’efficacia del certificato.
Con queste informazioni potrai poi fare un facile raffronto tra quello vuoi tu, e ciò che quella certificazione ti offre. (visibilità: di che tipo e presso chi? Garanzia di qualità presso i vostri potenziali clienti: quale qualità? Etc...)

Adesso sappiamo che l’espressione “Coach Certificato” può essere usata in molti modi quindi è opportuno indagarne il reale significato: per valutare se è una parola usata per far scena o se realmente corrisponde a ciò che ti serve.

Infine, se ti piacciono tanto le certificazioni: certifico che hai  letto questo post!

sabato 11 settembre 2010

dal dire al fare

Tutti conosciamo il detto "tra il dire e il fare, c'è di mezzo il mare". La metafora sta lì a ricordarci che tra le nostre intenzioni e le nostre azioni, tra ciò che desideriamo e ciò che facciamo per ottenerlo, spesso c'è un abisso. Un abisso fatto di impedimenti esterni ed interni, a volte di mancanza di volontà, a volte di mancanza di altre risorse. Spesso inoltre questo abisso finisce per diventare un alibi: il percorso è talmente lungo, la rotta talmente incerta, che non ci si decide mai a mettersi in viaggio. Sappiamo che potremmo stare meglio in un altro posto ma rimaniamo inchiodati dove siamo: qualche volta perchè non abbiamo in mente esattamente dove è il posto dove vogliamo arrivare, qualche volta perchè il viaggio per arrivarci (il mare che dobbiamo attraversare), ci spaventa.

Con il coaching accade invece, come nel titolo di questo post, che si passi dal dire al fare. Quando finisce una sessione si esce con un piano concreto di azioni (e la forza e le risorse per metterlo in pratica). Ad ogni sessione, ad ogni cliente, ad ogni momento di un percorso di coaching, corrispondono diverse risposte: a volte il piano prevede una rotta completa a volte semplicemente l'azione di mettere una barchetta in mare e orientare la prua. Ma sempre, da una sessione, si uscirà pronti per mettersi in azione: smettere solamente di "dire" e cominciare a "fare".

Tecnicamente, visto dagli occhi del coach, è forse la parte più semplice di una sessione: il lavoro "difficile" è supportare il cliente nella definizione precisa dei risultati che vuole raggiungere, nell'analisi della realtà allo stato attuale, nella ricerca delle risorse su cui poter fare affidamento nel suo percorso. Una volta capito dove sei, dove arrivare e su quali risorse contare... le azioni da mettere in pratica emergono quasi naturalmente, conseguenzialmente. Ma è comunque il momento in cui si passa dall'astratto al concreto: le parole diventano impegni.

Il lavoro del coach, si conclude con la sessione (e riprende a quella successiva); il lavoro del cliente (parola orribile per descrivere più semplicemente "la persona che ha deciso di investire sul proprio sviluppo") continua tra una sessione e l'altra: con le azioni che decide di mettere in pratica, i passi che decide di compiere.

e tu? hai già messo la tua barca in mare? hai iniziato a remare (o a sfruttare il vento)?


martedì 17 agosto 2010

pensiero laterale


il lavoro del coach consiste (tra le altre cose) nel supportare il cliente a sviluppare nuovi punti di vista. osservando la situazione da altre prospettive, il cliente sarà capace di trovare nuove soluzioni per raggiungere i risultati che vuole ottenere. 

questo mi rimanda alla definizione di "pensiero laterale", espressione coniata da Edward De Bono, con la quale si intende la capacità di trovare soluzioni utilizzando un approccio non diretto.

su youtube ho trovato questo spot che, a mio parere, esemplifica in maniera eccellente tale concetto. Buona visione.












p.s.: il video pubblicizza (purtroppo) una lotteria istantanea. pur rispettando le scelte di chiunque, personalmente non apprezzo questa forma di tassa sulla felicità. Credo che la felicità uno se la debba costruire in altra maniera: ma magari ne parlo in un altro post.

martedì 10 agosto 2010

Bisogno o opportunità

Capita non di rado che, una volta che spiego a qualcuno in cosa consiste il mio lavoro di coach, l’interlocutore mi dica: “ah be’, io non ne ho bisogno...”. Buon per te, rispondo io: è sempre più facile lavorare in una situazione in cui non ci sono mancanze, lacune, vuoti da colmare (bisogni, appunto). Tuttavia lo invito a valutare la prospettiva di affrontare un percorso di allenamento non come bisogno, ma come opportunità.

Proprio perchè non ne hai bisogno, proprio perchè la tua situazione è soddisfacente già senza sforzo, immagina dove potresti arrivare lavorando insieme ad un coach.

Che beneficio trovi nell’accontentarti di quello che hai?

E tu? Quali opportunità vedi per te, dal coaching?

venerdì 6 agosto 2010

Sondaggio

non amo i sondaggi, danno molto poco respiro alle risposte... ma è uno spunto per conoscerci. Se vuoi ampliare la tua risposta hai tutto lo spazio che vuoi nei commenti...

in che modo sei interessato al coaching? come sei arrivato su questo blog?
cerco un coach per me 
voglio introdurre il coaching nella mia azienda 
voglio diventare coach 
sono gia' coach 
per sbaglio, cercavo altro 
per altri motivi...




  





giovedì 5 agosto 2010

prova empirica dell'ineluttabilità del cambiamento

Immagina te stesso 10 anni fa: il tuo lavoro di allora, la tua posizione in azienda, la tua famiglia, la tua casa, i tuoi colleghi i tuoi capi,... (puoi anche chiudere gli occhi se ti aiuta, poi riaprili per continuare l’esercizio). Adesso domandati: che cosa è cambiato da allora ad oggi?

Ok, ok, fermati pure... forse facciamo prima se mi dici che cosa è rimasto uguale.

Ora pensa a te fra 10 anni... il tuo lavoro, la tua posizione in azienda, la tua casa, i tuoi colleghi... Pensi che saranno più le cose cambiate, rispetto ad oggi, o quelle rimaste uguali.

Non puoi scegliere se cambiare o no, il cambiamento è inevitabile: avviene che tu lo voglia o meno.

Data questa evidenza, non sarebbe meglio poter decidere COME cambiare?

Tu sai già COME vuoi cambiare? Sei pronto per il cambiamento?

martedì 3 agosto 2010

il viaggio del coaching


Ci sono diverse definizioni, più o meno ufficiali, del coaching.

Da quella di wikipedia.... apri la pagina

a quella dell’ICF (la associazione di coach professionisti più “importante” a livello mondiale)... apri la pagina

In questo post però non vorrei aggiungere una definizione in più (personalmente ho fatto mia la definizione ICF) ma dare la mia "visione" del coaching. La mia "visione" nel senso concreto della parola; cioè come visualizzo mentalmente il coaching quando lo devo descrivere a qualcuno, o quando lo adopero nelle vesti di coach dei miei clienti.

Per me il coaching è supportare il cliente nel suo percorso da un punto di partenza A a un punto di arrivo B, e aiutarlo a rendere questo “viaggio” il più rapido e semplice possibile.

Il punto A rappresenta dove il cliente si trova adesso, il punto B è la sua destinazione ideale: dove vorrebbe trovarsi se potesse decidere con piena responsabilità il proprio punto di arrivo.

A volte è sufficiente definire i due punti, tracciare una linea retta che li congiunga, scegliere il “mezzo di locomozione” e mettersi in marcia. A volte potranno presentarsi degli ostacoli lungo quella linea; sarà allora opportuno definire una strategia per superarli (aggirarli, saltarli, distruggerli...).

qualcosa insomma all'incirca rappresentabile come in questa immagine:


Una visione del genere ben si presta a ogni ambito in cui il coaching potrà essere applicato concretamente: il lavoro, la tua vita personale, le relazioni con chi ti circonda. C’è un punto A, dove sei ora, e un punto B, il punto dove tu vorresti arrivare. Ovviamente poi ci sono infiniti altri punti, più o meno distanti da B. Alcuni potrebbero essere soddisfacenti, altri potrebbero essere molto deprimenti.


La domanda è, sapendo che comunque da qualche parte dovrai arrivare, non vale la pena di scegliere verso dove puntare? È meglio scegliere di indirizzare il proprio viaggio verso un punto B (dove vogliamo arrivare) oppure è meglio lasciarsi trasportare verso un punto sconosciuto e sperare che sia soddisfacente?