lunedì 12 novembre 2012

uscire una sera: a teatro, o sulla luna.


A volte siamo talmente immersi nella nostra vita, negli eventi nei quali ci lasciamo trasportare, da non riuscire a capire non solo dove stiamo andando nel futuro, ma neanche se il posto dove siamo adesso ci piace davvero. Basterebbe riuscire a guardare le cose in cui in cui siamo immersi con un po' di distacco per poterle capire veramente, nel bene e nel male. Vale per le nostre vite, come per il pianeta su cui viviamo.



Ma non tutti hanno la fortuna di essere (considerati) sufficientemente babbei per vincere un viaggio sulla luna.

Succede, nella finzione del palco, ad Alfredo Colina, sotto la regia di Eleonora Moro, che ci trascina per un'ora abbondante nel suo viaggio/monologo sulla Luna. La ragione di questa missione è semplice: pare che le immagini e le emozioni che Neil Armostrong ci aveva regalato con il primo allunaggio del '69, fossero una bufala, un fake per dirlo nella versione moderna. Ma ora la Nasa ha finalmente i mezzi (o quasi) per andarci davvero sulla Luna, e mossa da interessi più commerciali che di ricerca vera e propria, sceglie di mandare in avanscoperta un uomo solo, che non abbia legami (professionali e affettivi) su questo pianeta. Selezione che, tra l'altro, non mi pare troppo complicata al giorno d'oggi.

Seguiamo quindi Colina nel suo percorso, che si fa sempre più leggero via via che si allontana dalla gravità della vita sul nostro pianeta e che, ovviamente riserverà le sorprese che solo chi ha il coraggio di guardare l'altra faccia della medaglia (o della Luna in questo caso) potrà scoprire.


Si chiama Fatemi Spazio; io l'ho visto ieri a Monza, al Teatro Binario 7, ma per vederlo lì è troppo tardi. Se però ricapita in giro, andate a vederlo: si sorride, si ride e, volendo, si pensa.

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